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Il pesce palla: quando la difesa è il miglior attacco



Il pesce palla appartiene alla famiglia dei Tetraodontidae, (termine di origine greca che significa quattro denti) chiamata così perché chi ne fa parte possiede quattro grandi denti anteriori, particolarmente efficaci per l’apertura di molluschi, coralli e crostacei. Questi pesci raggiungono la maturità sessuale a 5 anni e vivono circa 10 anni.

Esemplare di L. sceleratus 
Sono presenti lungo le coste dell’Oceano Atlantico, Pacifico e di quello Indiano. Non mancano nemmeno nel Mar Mediterraneo dove avvengono continuamente migrazioni di specie alloctone dal Canale di Suez tra cui anche il pesce palla maculato (Lagocephalus sceleratus) avvistato nelle acque del Lazio, Campania, Sardegna, Sicilia e della Puglia. Questa è una specie invasiva ed estremamente tossica dalla quale è bene stare alla larga.
Date le sue scarse abilità come nuotatore, la sua vita si basa essenzialmente sulla difesa dai predatori attraverso una serie di accorgimenti. Uno di questi è la capacità di cambiare colore in base all’ambiente: quando c’è poca luce il pesce palla diventa più scuro e quando le zone dove vive sono più luminose diventa più chiaro, riuscendo così a passare inosservato. Il pesce palla ha conquistato questo nome per via della sua più nota caratteristica, vale a dire la sua capacità di gonfiarsi enormemente per un periodo di circa 15 minuti, tanto da raggiungere una forma sferica simile ad una palla. Questo suo comportamento non é altro che una tecnica di difesa più efficiente di quanto si possa immaginare; grazie al dilatamento dell’addome riempito di acqua o di aria, il pesce palla diventa anche sette volte più grande rispetto alle sue dimensioni iniziali, tanto da rendersi una preda difficile da inghiottire. Qualora però questo avvenisse, molto pesci palla sono muniti di spine che diventano aguzze e pericolose quando si gonfiano. In questo modo possono perforare la gola di qualsiasi grosso predatore che é riuscito ad inghiottirli mentre in alcuni casi possono anche aprirsi la strada da soli, mangiandosi l’aggressore dall’interno. Sebbene possano sembrare dei sistemi difensivi già più che sufficienti, il pesce palla possiede un altro asso nella manica: la tetrodotossina



Per capire l’entità di questo veleno basti pensare che stiamo parlando di una tossina con un potenziale di tossicità 1200 volte superiore rispetto al cianuro di potassio e 25 milligrammi sono sufficienti ad uccidere una persona di 75 kg. In un esemplare di pesce palla velenoso è noto che il suo solo veleno possa uccidere fino a 30 persone. Si tratta di una neurotossina (sostanza che interferisce con la conduzione nervosa) in grado di paralizzare i muscoli respiratori ed il cuore provocando un blocco cardiorespiratorio e poi il decesso. Questa neurotossina si concentra soprattutto nel fegato, nella cistifellea, nella pelle e nelle l’ovaie. Studi recenti hanno però riscontrato alcuni effetti terapeutici come la cura dell’aritmia cardiaca o la funzione di analgesico contro alcuni tumori. 

La tetrodotossina risulta altamente velenosa ma non per gli squali che ne sono immuni mentre dosi poco concentrate possono produrre un effetto narcotico. Ne sono un esempio i delfini, i quali infastidendo i pesci palla, ne provocano il loro caratteristico rigonfiamento e quindi la diffusione di una certa quantità di neurotossina che viene assimilata dai delfini come narcotico; questi infatti, dopo aver infastidito il pesce palla a sufficienza, rimangono a livello della superficie come se fossero in trance. 



https://www.youtube.com/watch?v=msx3BAhIeQg per vedere un breve video dei delfini sotto effetto della tetrodotossina.

Nonostante sia un pesce con delle notevoli abilità difensive non riesce però a sfuggire ad un predatore in particolare, l’uomo. È diventato un piatto rinomato non tanto per il sapore delle sue carni, bensì per la sua pericolosissima tossina. Il fugu è una pietanza che viene preparata da abili chef giapponesi i quali cucinano il pesce palla in modo tale da lasciare nella sua carne una dose estremamente precisa di tossina sufficiente a fare intorpidire le labbra dell’assaggiatore. Gli chef in grado di cucinare questa curiosa
pietanza sono molto pochi e possono farlo solamente dopo aver ottenuto una licenza speciale che prevede un tirocinio pluriennale. Questa pratica è come uno sport estremo ma fatto al tavolino seduti su una comoda sedia, perché basta un piccolo errore per rischiare la propria vita, tutto per un boccone di pesce palla. Dal 1974 al 1983 sono stati segnalati 646 casi di avvelenamento da pesce palla in Giappone, con 179 morti. Nonostante questo, i giapponesi ritengono che mangiare il fugu rappresenti un gesto di coraggio e di orgoglio. 

Ma cosa mi succederebbe se ingerissi le carni del pesce palla non opportunamente preparato da mani esperte? 
Una volta ingerito i primi sintomi comparirebbero dai 30 minuti alle 3 ore dopo il pasto e comporterebbero l’intorpidimento della lingua, vomito, diarrea, convulsioni, paralisi ed infine, in alcuni casi, la morte. Non esiste alcun antidoto ma un trattamento possibile consiste nella lavanda gastrica e nell’indigestione di carbone vegetale che facilita l’espulsione del veleno. Esistono anche terapie più avanzate come la tracheostomia, il ricovero in terapia intensiva sotto ventilazione assistita, l’impianto di un pace-maker cardiaco, trasfusione del sangue e dialisi.

É chiaro dunque quanto il pesce palla, pur sembrando un grazioso e simpatico pesce, a tratti anche un po’ goffo, in realtà celi dei meccanismi di difesa unici che lo rendono più pericoloso di tanti altri organismi in apparenza più temibili. 

Fonti:
tuttogreen.it 
Il libro degli esseri a malapena immaginabili di Caspar Henderson
Ideegreen.it 
my-personaltrainer.it 
Wikipedia

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