Quanto costa la tecnologia al pianeta? L'estrazione di terre e metalli rari e il problema ambientale
Nella società odierna le grandi ditte produttrici di telefoni fanno pressioni di diverso genere per incentivare l'acquisto di telefoni nuovi non solo mediante la pubblicità, che tenta di far sentire realizzato lo spettatore solo se possiede il telefono di ultimissima generazione, ma anche con gli aggiornamenti software che rendono sempre meno efficiente il telefono fino a costringere il proprietario a comprarne uno nuovo.
Sembra una teoria da complottisti ma purtroppo è un fatto reale: si tratta di obsolescenza programmata (clicca qui per approfondire).
Comprare continuamente telefoni nuovi e buttare via quelli vecchi ha un costo sia per le nostre tasche che in termini di smaltimento dei rifiuti, ma quello che forse in pochi sanno è che ha anche un pesantissimo costo sul Pianeta Terra: l'estrazione delle terre rare e metalli rari prevede uno sfruttamento delle aree in cui si trovano queste georisorse, sfruttamento che prevede tecniche di estrazione invasive.
Terre rare e metalli rari sono elementi della Tavola Periodica che si trovano in quantità molto ridotte nella porzione di crosta terrestre da noi fruibile. Il loro costo dipende dalla loro disponibilità e dalla domanda sul mercato.
Nei touchscreens (ad esempio del nostro telefono) è presente il metallo raro In (Indio).
L'indio è indispensabile per produrre i display touchscreen e alcune celle fotovoltaiche a film sottile.
Nei prossimi anni la richiesta è destinata ad aumentare oltre la disponibilità sul mercato, a causa della crescente domanda di tecnologie elettroniche e solari.
Di per sè diversi rifiuti elettrici ed elettronici come smartphone, tablet ecc sono ottime fonti di indio da riciclare, ma secondo l'ONU meno dell'1% viene recuperato, soglia che non viene purtroppo superata anche da altri 32 metalli rari.
L'investimento in ricerca e sviluppo può tuttavia trovare soluzioni anche in tempi piuttosto rapidi.
Esiste ad esempio Relight, un'azienda lombarda che partecipa al progetto europeo Hydroweee per elaborare processi idrometallurgici in grado di ottenere l'Indio dai vecchi touchscreens e ridurre quindi l'impatto ambientale dato dalla loro estrazione in natura.
L'utilizzo di terre rare nella tecnologia moderna è cresciuto notevolmente negli anni con lo sviluppo di nuove tecnologie. Sono impiegati ad esempio nelle auto ibride, nella fibra ottica, nei catalizzatori e nelle pale eoliche: questa forte richiesta ne ha incentivato talmente tanto l'estrazione che potrebbe verificarsi presto un esaurimento dei giacimenti noti (è atteso che per molti anni la richiesta mondiale di terre rare superi l'offerta di 40.000 tonnellate all'anno), a meno che non vengano individuate nuovi fonti.
Nelle pale eoliche ad esempio si usa la terra rara Dy (Disprosio), che viene impiegata nella creazione di magneti molto potenti indispensabili nel processo di conversione del moto delle pale in energia.
Il disprosio viene impiegato anche nelle auto ibride.
Tutte le terre rare pesanti del mondo (tra cui troviamo proprio il disprosio) provengono da depositi cinesi: miniere illegali di terre rare sono tristemente comuni nella Cina rurale e sono spesso causa del rilascio di rifiuti tossici nelle risorse idriche.
Recentemente Yutaro Takaya, ricercatore presso la Waseda University di Tokyo, ha condotto uno studio su 2000 campioni di sedimenti raccolti in diverse zone dell'Oceano Pacifico giungendo alla conclusione che l'area di un solo chilometro quadrato attorno ai siti oggetto dei campionamenti potrebbe fornire un quinto della quantità di terre rare che attualmente sono sfruttate in un anno a livello mondiale dalle industrie.
Tale scoperta pone inevitabilmente dei quesiti non solo in merito ai costi legati all'estrazione su fondali abbastanza profondi ma anche all'impatto ambientale che avrebbe.

Questo post non vuole essere un attacco alla produzione di tecnologie per le fonti rinnovabili (es auto elettriche, pale eoliche e pannelli solari) ma vuole riflettere sul problema ambientale che resta nell'estrazione di elementi rari e vuole far riflettere il cittadino sulla ormai triste moda consumista: spesso non sappiamo cosa c'è dietro ad un semplice smartphone, lo acquistiamo con leggerezza e pensando che la sua produzione non abbia chissà quale impatto ambientale.
Ci penserete due volte almeno prima di acquistare un telefono nuovo se non ce n'è davvero bisogno?
BIBLIOGRAFIA, FONTI, SITOGRAFIA, LETTURE CONSIGLIATE
Milena Galbanelli, "Gli smartphone sono costruiti per durare poco: ma è legale?", Corriere Della Sera (link qui).
George Nishiyama, "Japan urges China to ease rare metals supply", Reuters, 8 novembre 2017 (link qui).
Luigi Bignami, "Scoperto un immenso giacimento di terre rare, indispensabili per i nostri smartphone", Focus, 13 aprile 2018 (link qui).
Claudio Eliodoro, "Terre rare nei fondali marini", Scienza in Rete, 14 luglio 2011 (link qui).
IlSole24Ore
Radio Free Asia
TheAnchorHouse.com
L'Indro
Sembra una teoria da complottisti ma purtroppo è un fatto reale: si tratta di obsolescenza programmata (clicca qui per approfondire).
Comprare continuamente telefoni nuovi e buttare via quelli vecchi ha un costo sia per le nostre tasche che in termini di smaltimento dei rifiuti, ma quello che forse in pochi sanno è che ha anche un pesantissimo costo sul Pianeta Terra: l'estrazione delle terre rare e metalli rari prevede uno sfruttamento delle aree in cui si trovano queste georisorse, sfruttamento che prevede tecniche di estrazione invasive.
Terre rare e metalli rari sono elementi della Tavola Periodica che si trovano in quantità molto ridotte nella porzione di crosta terrestre da noi fruibile. Il loro costo dipende dalla loro disponibilità e dalla domanda sul mercato.
Nei touchscreens (ad esempio del nostro telefono) è presente il metallo raro In (Indio).
L'indio è indispensabile per produrre i display touchscreen e alcune celle fotovoltaiche a film sottile.
Nei prossimi anni la richiesta è destinata ad aumentare oltre la disponibilità sul mercato, a causa della crescente domanda di tecnologie elettroniche e solari.
Di per sè diversi rifiuti elettrici ed elettronici come smartphone, tablet ecc sono ottime fonti di indio da riciclare, ma secondo l'ONU meno dell'1% viene recuperato, soglia che non viene purtroppo superata anche da altri 32 metalli rari.
L'investimento in ricerca e sviluppo può tuttavia trovare soluzioni anche in tempi piuttosto rapidi.
Esiste ad esempio Relight, un'azienda lombarda che partecipa al progetto europeo Hydroweee per elaborare processi idrometallurgici in grado di ottenere l'Indio dai vecchi touchscreens e ridurre quindi l'impatto ambientale dato dalla loro estrazione in natura.
L'utilizzo di terre rare nella tecnologia moderna è cresciuto notevolmente negli anni con lo sviluppo di nuove tecnologie. Sono impiegati ad esempio nelle auto ibride, nella fibra ottica, nei catalizzatori e nelle pale eoliche: questa forte richiesta ne ha incentivato talmente tanto l'estrazione che potrebbe verificarsi presto un esaurimento dei giacimenti noti (è atteso che per molti anni la richiesta mondiale di terre rare superi l'offerta di 40.000 tonnellate all'anno), a meno che non vengano individuate nuovi fonti.
Nelle pale eoliche ad esempio si usa la terra rara Dy (Disprosio), che viene impiegata nella creazione di magneti molto potenti indispensabili nel processo di conversione del moto delle pale in energia.
Il disprosio viene impiegato anche nelle auto ibride.
Tutte le terre rare pesanti del mondo (tra cui troviamo proprio il disprosio) provengono da depositi cinesi: miniere illegali di terre rare sono tristemente comuni nella Cina rurale e sono spesso causa del rilascio di rifiuti tossici nelle risorse idriche.
Recentemente Yutaro Takaya, ricercatore presso la Waseda University di Tokyo, ha condotto uno studio su 2000 campioni di sedimenti raccolti in diverse zone dell'Oceano Pacifico giungendo alla conclusione che l'area di un solo chilometro quadrato attorno ai siti oggetto dei campionamenti potrebbe fornire un quinto della quantità di terre rare che attualmente sono sfruttate in un anno a livello mondiale dalle industrie.
Tale scoperta pone inevitabilmente dei quesiti non solo in merito ai costi legati all'estrazione su fondali abbastanza profondi ma anche all'impatto ambientale che avrebbe.

I maggiori estrattori di terre rare. Anno 2011. Fonte ONU
Immagine tratta da Focus, 13 aprile 2018.
Questo post non vuole essere un attacco alla produzione di tecnologie per le fonti rinnovabili (es auto elettriche, pale eoliche e pannelli solari) ma vuole riflettere sul problema ambientale che resta nell'estrazione di elementi rari e vuole far riflettere il cittadino sulla ormai triste moda consumista: spesso non sappiamo cosa c'è dietro ad un semplice smartphone, lo acquistiamo con leggerezza e pensando che la sua produzione non abbia chissà quale impatto ambientale.
Ci penserete due volte almeno prima di acquistare un telefono nuovo se non ce n'è davvero bisogno?
Indio
BIBLIOGRAFIA, FONTI, SITOGRAFIA, LETTURE CONSIGLIATE
Milena Galbanelli, "Gli smartphone sono costruiti per durare poco: ma è legale?", Corriere Della Sera (link qui).
George Nishiyama, "Japan urges China to ease rare metals supply", Reuters, 8 novembre 2017 (link qui).
Luigi Bignami, "Scoperto un immenso giacimento di terre rare, indispensabili per i nostri smartphone", Focus, 13 aprile 2018 (link qui).
Claudio Eliodoro, "Terre rare nei fondali marini", Scienza in Rete, 14 luglio 2011 (link qui).
IlSole24Ore
Radio Free Asia
TheAnchorHouse.com
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